Rullo di tamburi! Vi presentiamo uno dei blogger friend di BrickScape !

Si chiama Martina Sgorlon. Veneta, brillante, giovanissima e molto preparata in termini di viaggi, scoperte di luoghi intriganti e scrittura. Martina ha le idee chiare e molta determinazione, proprio per questo ci fa un grande piacere averla fra i nostri!

Il suo arrivo sulla piattaforma blog di BrickScape è l’occasione giusta per farle qualche domanda….

Anni e luogo di nascita?

Ho ventiquattro anni e sono nata in provincia di Treviso, poco lontano da dove vivo ora.

Come è nato il tuo amore per i viaggi?

Il mio amore per i viaggi l’ho ereditato dai miei genitori, non si sono fermati nemmeno quando io e mio fratello eravamo molto piccoli. Per rendere l’idea dico solo che mi hanno portata in Scozia per due settimane quando avevo appena un anno e mezzo, cambiando pannolini nei posti più improbabili. Sicuramente il mio carattere ha poi fatto la sua parte: sono una persona che si annoia facilmente e che ha bisogno di vedere sempre posti nuovi.

Come è nata l’idea di dare vita a www.martinaway.com, un blog tutto tuo che parla di viaggi?

Il blog è nato in un momento di sconforto, quando i mille curricula, pochi mesi prima della laurea triennale, non ottenevano risposta. Era un’idea che avevo da un pezzo, ma non l’avevo mai concretizzata. Da un po’ di anni avevo un diario di viaggio cartaceo, lo aggiornavo, lo riempivo di foto e cartoline, ma lo leggevo solo io e durante l’anno rimaneva chiuso in un cassetto. Poi ho deciso di condividerlo online, soprattutto per fare pratica. Se nessuno mi dava la possibilità di fare anche solo un tirocinio, avrei creato da sola quell’opportunità. Più o meno. Ho sempre sognato di diventare una giornalista di viaggi, mi sembrava un buon punto di partenza.

Che cosa hai imparato attraverso il tuo blog?

Ho imparato qualcosa sia dal punto di vista tecnico, che dal punto di vista umano. Ora, dopo più di tre anni di blogging, so usare abbastanza bene Analytics e ho imparato molto sui social network o sulla scrittura per il web, tutte cose che all’università difficilmente insegnano. Soprattutto però ho capito l’importanza della condivisione, dell’aiuto reciproco tra “colleghi”.

Cosa significa, per te, ‘scrivere per vivere, vivere per scrivere’?

La scrittura è da sempre la mia valvola di sfogo, un modo per dire quello che penso senza inciampare tra i mille pensieri che ho in testa. Mi rilassa e mi permette di riordinare le idee. “Vivere per scrivere” è uno dei concetti che mi aiuta quando sono giù di morale o quando mi serve quella spinta in più per riuscire a fare qualcosa: spesso mi dico “dai, fai questa cosa, vai in questo posto, così poi puoi raccontarlo”. Anche se spesso, alla fine, non scrivo nulla, è un’idea che mi motiva e che a volte aiuta ad eliminare la nuvoletta grigia sopra la testa. “Scrivere per vivere” invece è una frase molto più concreta: vorrei essere pagata per fare quello che mi piace, scrivere, appunto.

Perché sei innamorata pazza di New York?

Non ne ho la minima idea. Non saprei dire quando è iniziato questo amore per New York, so solo che c’è, che mi sono commossa quando l’ho vista di persona e quando l’ho dovuta salutare. Forse è il mio ideale di città, con gli angoli moderni e quelli più sobri e tradizionali, mille cose da fare e da vedere e un parco enorme.

Il viaggio più bello che hai fatto in Italia?

Non saprei sceglierne uno, ma forse i pochi giorni trascorsi a Torino lo scorso anno. La città mi ha davvero colpita, l’avvicinarsi del Natale e la compagnia di una persona alla quale voglio molto bene poi hanno fatto il resto.

L’esperienza più strana (o più emozionante) che hai sperimentato in viaggio?

Il viaggio in Irlanda, lo scorso anno, è stato uno dei più emozionanti se escludiamo quello a New York. Una delle esperienze più belle è stata di sicuro attraversare il Carrick-a-Rede Rope Bridge. Cammini a trenta metri dall’acqua che si infrange sugli scogli e poi arrivi su un’isoletta coperta di verde. Splendido.

Qual è la cosa più buffa che ti è capitata durante uno dei tuoi viaggi?

Non è un aneddoto buffo, però è un ricordo carino che ho portato a casa da Manhattan. Era inizio marzo e faceva freddo. Lungo la strada, sui marciapiedi, sui muretti o sulle recinzioni si vedevano un sacco di guanti spaiati e persi da qualcuno che era passato di lì prima di me. Non ho mai visto tanti guanti in così pochi giorni: io e mia madre ci divertivamo a cercarli durante le nostre passeggiate. Un po’ come quando si gioca a “chi ne vede di più”.

Il prossimo viaggio che farai e quello che hai nel cassetto?

Il prossimo vero viaggio non è ancora stato deciso, anche se entro fine anno tornerò a Milano e a Torino per questioni personali. Il mio piccolo viaggio nel cassetto ora è una capitale europea, anche se continuo a sognare in grande con Canada e Sud America. Magari il prossimo anno, chi lo sa.