Esperienze in Viaggio: un giorno sull’isola di Pianosa, nel cuore del mar Tirreno, per scoprire un luogo misterioso e ben preservato dal turismo di massa.

Esperienze in Viaggio: Un giorno sull’isola di Pianosa. L’Elba è la mia seconda casa, ogni anno almeno una settimana della mia estate la passo su quest’isola. Di lei conosco ogni singola spiaggia, ogni paese, vengo qui da quando sono nato. Ho visitato gran parte delle isole che la circondano, Capraia, il Giglio e quest’anno anche Pianosa. Proprio di lei vorrei parlarvi in questo articolo.

In tanti anni che vengo qua all’Elba, la vista di quell’isola piatta in mezzo al mare non mi hai mai affascinato. Mi chiedevo che cosa potesse esserci di così tanto interessante su un’sola che da lontano sembra semplicemente una tavola in mezzo al mare. Spinto dalla curiosità che mi incutevano le decine di i turisti in fila sul molo del porto di Marina di Campo (è da qui che si prende il traghetto per Pianosa), una mattina ho deciso di mettermi in fila anch’io.

Non c’è nessuno, sento solo il rumore delle onde e il garrire dei gabbiani. Inizio a guardarmi intorno, sulle facciate degli edifici lo stile romanico si fonde con il gusto arabo, il risultato è sorprendente. Il mare è di un celeste verdastro a dir poco caraibico, non sembra affatto di essere in Italia.

L’Isola di Pianosa è parte del Parco Naturale dell’Arcipelago Toscano ed è tutelata da qualsiasi attività di pesca. I fondali marini sono tra i più ricchi e incontaminati, anche grazie alla particolare morfologia di Pianosa che rende le acque poche profonde si possono vedere triglie, aragoste, dentici e andando un po’ più a largo anche qualche delfino.

Durante lo snorkeling guidato del pomeriggio sono riuscita ad avvistare una cernia di un metro e mezzo che faceva capolino da dietro il masso della sua tana. Adesso sto correndo troppo –  mi perdonino i lettori del blog Brickscape – torniamo al punto in cui sono rimasta.

Neanche 40 minuti di traversata e sarei arrivato. Man mano che la nave si avvicina sempre di più al porto, si distingueva da lontano il muro in cemento che divide l’ex zona carceraria dal resto dell’isola. Tutt’oggi è un limite invalicabile, non è possibile oltrepassare il muro da soli, serve per forza una guida.

Oggi Pianosa non è più la sede del famoso carcere di massima sicurezza 41 bis, ma sull’isola vivono ancora 23 detenuti in regime di semilibertà. Sulla nave le guide stanno organizzando i gruppi di visita, mi iscrivo al gruppo snorkeling del pomeriggio. Una volta arrivato sull’isola, mi lascio alle spalle la folla dei turisti e mi incammino da solo nella zona vecchia, l’unica area accessibile insieme al porto.

Di colpo mi ritrovo a camminare per la strada di un paese totalmente abbandonato e iniziano a insinuarmisi nella testa un sacco di domande. Perché su un’isola che dal 1500 è stato solo e sempre un carcere è stato edificato un paese? E perché questo paese oggi è completamente disabitato?

Ancora oggi la vita sembra scorrere per le vie, si vedono addirittura le insegne arrugginite del tabacchi, della farmacia e perfino le vecchie postazioni a muro del telefono pubblico. Ho l’impressione di camminare nel passato, come se il tempo intorno a me si fosse fermato.

Non c’è nessuno, sento solo il rumore delle onde e il garrire dei gabbiani. Inizio a guardarmi intorno, sulle facciate degli edifici lo stile romanico si fonde con il gusto arabo, il risultato è sorprendente. Il mare è di un celeste verdastro a dir poco caraibico, non sembra affatto di essere in Italia.

L’Isola di Pianosa è parte del Parco Naturale dell’Arcipelago Toscano ed è tutelata da qualsiasi attività di pesca. I fondali marini sono tra i più ricchi e incontaminati, anche grazie alla particolare morfologia di Pianosa che rende le acque poche profonde si possono vedere triglie, aragoste, dentici e andando un po’ più a largo anche qualche delfino.

Durante lo snorkeling guidato del pomeriggio sono riuscita ad avvistare una cernia di un metro e mezzo che faceva capolino da dietro il masso della sua tana. Adesso sto correndo troppo, torniamo al punto in cui sono rimasta.

Mentre sono intenta a guardare le onde che si infrangono sugli scogli del porto, d’un tratto il silenzio è rotto da alcune voci in lontananza. E’ una delle guide del posto che sta accompagnando un piccolo gruppo di turisti in giro per l’isola. Mi avvicino e ascolto da lontano.

La guida racconta che le case che vediamo sono tutte di proprietà dello stato. Un tempo appartenevano alle famiglie dei dipendenti del carcere, che per nessun motivo potevano abbandonare l’isola. Era stata costruita anche una scuola. Hanno vissuto qui per diverse generazioni e il paese costruito ex novo , d’un tratto sembrava ci fosse sempre stato.

Vent’anni fa il carcere è stato definitivamente chiuso. In un solo giorno, i secondini sono stati fatti evacuare insieme alle loro famiglie. La lacerazione è stata netta, si dice che  nessuno di loro sia più tornato sull’isola.

Dopo quel racconto, la sera, quando il traghetto si allontana dal porto, mi sale una certa suggestione al pensiero che su quell’isola incantata in mezzo al mare, rimangono solo alcuni detenuti che collaborano alla gestione delle attività turistiche, qualche secondino e quei pochi viaggiatori che hanno scelto di pernottare nell’unica pensione presente.