La mia avventura in bici: vivere il Tuscany Trail (2). In attesa del Toscana Trail 2017, che si svolgerà il prossimo 2 Giugno 2017, vi raccontiamo l’esperienza di Giovanni Cammilli un nostro blogger friend, sportivo e appassionato di bici,  in occasione della scorsa edizione 2016.

La mia avventura in bici: vivere il Tuscany Trail (2)

Scendiamo da Cerbaia, passiamo Certaldo e saliamo verso San Gimignano, ogni incontro con altri partecipanti si trasforma in una festa, battute, scherzi, prese in giro, il Tuscany Trail sembra tutto fuorché una competizione.

San Gimignano è affollata dai turisti che approfittando del weekend lungo hanno preso d’assalto le città d’arte toscane. Ci muoviamo con difficoltà a causa delle bici cariche e della folla che ci guarda incuriosita. Foto di rito gentilmente scattata da un turista torinese, e fatta fedelmente dietro consigli della moglie alle sue spalle che gli suggerisce come farla, cosa inquadrare, quanto spazio lasciare ai lati….negli occhi di quell’uomo ho visto la voglia di abbandonare la consorte lì e partire con noi.

Il tempo è decisamente migliorato, abbiamo passato la perturbazione e ora splende un bel sole. Scendiamo verso Colle Val D’Elsa e ci fermiamo a mangiare in un bar. La cosa simpatica è che in ogni locale in cui ci fermiamo suscitiamo subito simpatia ed interesse da parte degli astanti che incuriositi ci subissano di domande su quel che diavolo stiamo facendo, dove stiamo andando e via via che gli raccontiamo qualche pezzo della nostra avventura l’interesse aumenta fino a che tutto il locale partecipa alla discussione formando sempre siparietti divertenti.

Parliamo del tour, delle città visitate, della bellezza dei posti attraversati e siamo entusiasti.

Ci incamminiamo verso Siena attraversando i bei boschi della Montagnola e in un attimo siamo alle porte della città. Entriamo nel centro storico in un mezzo ad una bolgia infernale, proseguiamo come equilibristi e scampanellando cerchiamo di farci largo fra la folla. Arrivati in Piazza del Campo ci sbrachiamo sdraiati sul selciato e ci concediamo una mezzoretta di meritato riposo.

Ripartiamo rinfrancati nel caldo del pomeriggio, ora stiamo percorriamo una serie di crinali di incomparabile bellezza e siamo continuamente costretti a fermarci a scattare qualche foto. Le verdi colline che ci circondano mitigano la stanchezza e ci spronano a proseguire, la meta giornaliera è ancora molto, molto lontana ed è bene non chiedere quanti chilometri mancano. Ci accampiamo sulla sommità di un colle con una vista a 360° che sembra il centro dell’universo, mangiamo e scherziamo con gli altri concorrenti che come noi si fermano in questo angolo di paradiso. Arrivati in piena Valdorcia, la luna illumina il sentiero a giorno e noi pedaliamo senza fatica, saliamo, scendiamo, scherziamo, tutto sembra realmente perfetto, siamo arrivati ad uno stato di trance in cui l’organismo adegua il metabolismo mantenendoti in una sorta di omeostasi che ti da l’impressione di poter pedalare all’infinito.

Arriviamo con i fari accesi a San Quirico D’Orcia, i turisti ci guardano affascinati, ci fermiamo 5 minuti e poi giù verso Pienza. Qui, siamo accolti da una discreta folla di turisti venuti in questo splendido paese a passare il sabato sera, molti sono incuriositi dal fatto di vedere che a quell’ora c’è ancora gente che gira in bici, piena di bagagli e con i fari accesi.

Qualcuno ci fa anche delle foto, mentre passiamo cerco di fissare in mente questi bei momenti di pace e di serenità. Scendiamo su una bella sterrata e poi di nuovo giù nella valle a pedalare al chiaro di luna. Ci fermiamo sulla cima di una collina a guardare il cielo stellato. Ripartiamo in discesa e arriviamo al bivio per Radicofani, tira vento e inizia a fare freddo, ci aspettano ancora circa 10 chilometri e 500 metri di dislivello.

Salgo nella nebbia, non vedo niente, con i fari accesi anche meno perché la nebbia riflette la luce, inizio a contare le pedalate per passare il tempo, ad un certo punto vedo uscire dalla nebbia un cavallo bianco che mi osserva, penso….vai ci siamo, sono alla frutta, inizio ad avere le visioni. Non ho il coraggio di guardarlo, non voglio credere al fatto di avere allucinazioni, spingo vigorosamente sui pedali per allontanarmi da questo delirio. Esco dalla nebbia, sotto di me uno spettacolo indescrivibile, un mare bianco di panna montata, la salita ora è più pedalabile, rallento e inizio ad aspettare gli altri. Arrivo al cartello di Radicofani e dopo poco vedo gli altri amici assieme che salgono sorridenti per l’impresa compiuta. Mi rassicurano che non sono pazzo, il cavallo bianco c’era davvero.

Arriviamo in paese e girelliamo per le viuzze deserte, visto anche che sono le 2 di notte, nella piazza principale troviamo un pub che sta chiudendo. Al di fuori del locale un gruppo di ragazzi ci saluta, noi ci fermiamo e iniziamo subito a scherzarci. Chiediamo se è possibile ordinare qualcosa da mangiare nel pub ma oramai le cucine sono chiuse.

Passano due minuti ed ecco uscire la padrona del locale con in mano un vassoi pieno di ogni ben di Dio, schiacciate, panini, torte salate…sono gli avanzi di una apericena. Ci buttiamo sul cibo come avvoltoi e fra un morso e un altro chiediamo se qualcuno conosce un posto dove ci possiamo stendere per qualche ora. Si riprende il giorno dopo, la giornata è splendida e le campagne maremmane non sono da meno. Arriviamo a Sorano ci facciamo fare un po’ di foto e ci congediamo dalla Machi.

La prossima tappa è Pitigliano, qualche sali-scendi abbastanza impegnativo e arriviamo alla citta del tufo. Anche a Pitigliano il solito discorso, folla, turisti, scolaresche, tutti a passeggiare per le vie del centro e noi siamo costretti al solito zig-zag e ai soliti giochi di equilibrismo. Lasciamo la città e puntiamo verso le terme di Saturnia. Ora fa caldo e oltre alla temperatura e alla stanchezza si aggiunge un altro fattore a rendere difficile la nostra impresa, un forte vento di libeccio ci rallenta la marcia.

Ridendo e scherzando superando mille colline riusciamo ad arrivare a Saturnia nella tarda ora di pranzo. Pedaliamo controvento in un oceano di campi di grano che si muovono come un mare verde al ritmo delle folate, la meta è sempre più vicina, arriviamo al cartello di Albinia e quasi mi commuovo, ora manca solo l’Argentario e poi siamo arrivati.

Il vento sulla Giannella è snervante e arriviamo a Porto Santo Stefano stremati. Abbandonato velocemente la darsena ora il percorso si inerpica su un ripidissimo single track fino ad arrivare alla strada panoramica. Dopo pochi metri ci si para davanti praticamente più che una strada una parete di roccia da scalare. Scendiamo e iniziamo a spingere le bici. Siamo nel tardo pomeriggio ma sottovento fa ancora molto caldo.

La pendenza si addolcisce quel tanto da convincerci a risalire in sella e patire pestando sui pedali, arrivo in cima, e ci buttiamo in una discesa ripida, smossa, tecnica, che mette a dura prova le mie coperture. Arrivo in fondo alla scesa più stanco e stremato che dopo la salita. Purtroppo non siamo a niente, ci sono svariate colline da valicare per arrivare a porto Ercole.

Non finiscono mai, un continuo Sali-scendi ripido sia in su che in giù. Arriviamo a Porto Ercole nel tardo pomeriggio, ci facciamo un gelato e ripartiamo veloci per la Feniglia. Accendiamo i fari e pedaliamo in una bellissima pineta lungo la striscia di terra che collega l’Argentario al continente. Ogni tanto illuminiamo qualche cervo che ci attraversa veloce la strada. Sbuffiamo, stronfiamo, imprechiamo e raggiungiamo la cima. Ora la via che percorriamo e uno stradello secondario in leggero declivio, la luna illumina il percorso e allora spengo i fari. Centinaia di lucciole ora brillando rischiarano la strada, rendendo indelebile per la vita il ricordo di questa avventura.

Siamo arrivati, per davvero questa volta, la gioia è incontenibile, abbraccio il miei compagni di viaggio e andiamo a completare le formalità. Firmando il registro ci rendiamo conto di essere arrivati 29-esimi e 30-esimi assoluti. Incredibile! Mi bevo una birra che mi stona e barcollando vado al ristorante dove ci aspetta una bella porzione di lasagne e coniglio in umido…. poco tempo per rilassarci… c’è un treno da prendere al volo per tornare a casa.

Finisce così questa avventura, tanto voluta, tanto temuta, e che mi ha dato morale e consapevolezza delle mie possibilità, io che sono sempre autocritico per una volta sono fiero di me e per un’altra volta sono riuscito a “domare lo spirito guerriero che entro mi rugge”.